IL PRINCIPIO FONDAMENTALE ❕
Le spese relative alla gestione dei beni condominiali si suddividono in spese ordinarie e straordinarie e vanno ripartite tra i condomini sulla base dei criteri contenuti nel regolamento condominiale o (in mancanza) in base alle norme (generali e specifiche) contenute nel codice civile.
Il riparto delle spese va approvato dall’assemblea condominiale e da quel momento diventa obbligatorio per i singoli condomini, salvo il caso in cui venga pronunciato l’annullamento della delibera a seguito di impugnazione.
Ai sensi dell’art. 1123 c.c. “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprieta’ di ciascuno, salvo diversa convenzione.”
Ciò significa che nell’ambito di un condominio, non tutte le proprietà individuali (appartamenti, box, negozi) hanno lo stesso valore in relazione ai beni di proprietà comune (le scale, l’ascensore, ecc.). Ogni singola proprietà ha un valore proporzionale rispetto alle parti di proprietà comune. Le tabelle millesimali esprimono un valore proporzionale della proprietà di ciascuno rispetto alla proprietà comune. L’utilizzo di queste tabelle è di fondamentale importanza perchè consente una ripartizione più equa delle varie spese che sono necessarie per l’uso ed il godimento delle parti comuni. E’ di tutta evidenza, infatti, che non sarebbe giusto che il proprietario di un piccolo monolocale pagasse quanto colui che ha un appartamento di ampia metratura.
Per quanto concerne la possibilità di derogare ai criteri stabiliti dalla legge, ciò risulta possibile laddove vi sia il consenso unanime di tutti i condomini. A questo punto una domanda sorge spontanea: che succede se le tabelle millesimali non sono ancora state formate, qual è il criterio legale di ripartizione delle spese? La risposta fornitaci dalla Cassazione lascia più di qualche dubbio. Nella sostanza la Suprema Corte ci dice che i valori proporzionali delle singole proprietà esistono fin dalla costruzione del palazzo, devono solo essere formalizzate e messe su carta (le tabelle millesimali) 🗒. Come dire che i millesimi nascono e crescono tra calce e cemento ed aspettano solo di essere riconosciuti e messi su carta da un tecnico. Ciò non chiarisce quale sia il criterio da adottare in mancanza delle tabelle. Per ovviare a questa evidente situazione d’incertezza, la stessa Cassazione, nel 2005, ha affermato che in mancanza di tabelle le deliberazioni prese a maggioranza che comportino una modifica dei criteri legali sono valide fino all’approvazione delle tabelle stesse, salvo conguagli. Così se si è deciso di ripartire le spese in parti uguali, come spesso accade nella comunione, solo dopo la redazione delle tabelle millesimali si ri-effettueranno i calcoli e si ripristineranno i criteri legali, con le dovute restituzioni o gli esborsi supplementari.
IL CASO E LA GIURISPRUDENZA ⚖
Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, sentenza n. 15523 del 20 Giugno 2013. Ai sensi dell’art. 1123 cod. civ. è necessario il voto unanime dei condomini per l’approvazione della delibera condominiale che stabilisce o modifica i criteri di riparto delle spese comuni.
In caso contrario, la delibera è nulla. E’ quanto stabilito dalla sentenza in oggetto, in cui la Suprema Corte si sofferma altresì a qualificare giuridicamente le conseguenze dell’applicazione di tali criteri affetti da nullità. Nel caso di specie un condomino si oppone al decreto ingiuntivo emesso a seguito di mancato pagamento di oneri condominiali, ripartiti appunto attraverso l’applicazione di criteri non varati all’unanimità. La Corte d’Appello ha dichiarato la nullità della delibera impugnata (sebbene non tempestivamente) ricalcolando il saldo dovuto dal privato, nettamente inferiore rispetto a quello contenuto nel decreto ingiuntivo. Risultato soccombente in primo e secondo grado, il condominio propone ricorso in Cassazione.
La Cassazione conferma la sentenza impugnata, riconoscendo come consolidato l’orientamento giurisprudenziale che non solo, in assenza di unanimità di volontà dei condomini, individui ex novo i criteri di ripartizione delle spese condominiali, ma che solo anche ne apporti modifiche. Infatti “in tema di condominio sono affette da nullità, che può essere fatta valere anche da parte del condomino che le abbia votate, le delibere condominiali attraverso le quali, a maggioranza, siano stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’articolo 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario per esse il consenso unanime dei condomini”; per quanto riguarda le deliberazioni successive, inerenti all’applicazione dei criteri così stabiliti, “sono annullabili e, come tali, impugnabili nel termine di cui all’articolo 1137, ultimo comma, cc, le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’articolo 1135, n. 2 e n. 3, c.c., determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dai criteri di cui all’articolo 1123 c.c.”.
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