🖇 Similitudini d’eccellenza 🎖: 2 vite a confronto…

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Entrambi si sono imposti in tutto il mondo grazie ed attraverso il loro talento, sapientemente coltivato e cresciuto con il duro lavoro, serietà, impegno, dedizione, perseveranza, sacrificio, studio ed allenamento… tutti attributi che in Italia stanno progressivamente perdendo di significato.

Un tempo il Belpaese 🇮🇹 era permeato di quelli che erano definiti  VALORI, ma quelli veri, in cui la sana rigidità ed intransigenza pagavano veramente, in termini di soddisfazioni, riconoscimenenti e successo.

Il MERITO ne era la moneta fondante ed il “merito” consentiva di essere misurati. Non è casuale che il sistema di valutazione e valorizzazione degli individui, caratteristico della società liberista, basato esclusivamente sul riconoscimento del merito, si chiama: MERITOCRAZIA.

MERITOCRAZIA:

  • è un sistema di valori che valorizza l’eccellenza indipendentemente dalla provenienza, dove “provenienza” indica un’etnia, un partito politico, l’essere uomo o donna; in Italia “provenienza” significa soprattutto la famiglia di origine;

  • è esigere e dare trasparenza;

  • è sviluppare e rispettare buone regole;

  • non definisce alcuna parte o fazione particolare, ma deve essere “filo comune” che tiene insieme la nostra comunità;

  • è esigere che chi occupa posizioni di responsabilità sia per primo un esempio di meritocrazia, con le proprie azioni e non solo a parole.

  • vuol dire impegnarsi a non disperdere i propri talenti; agire per togliere tutti quei lacci che impediscono al merito dei singoli di esprimersi nella sua pienezza;
  • significa impegnarsi perche’ la nostra societa’ diventi piu’ prospera, colta e piu’ giusta.

MERITOCRAZIA è il filo verde della speranza, NON DEVE ESSERE FALSA RETORICA, MA SONO I RISULTATI CHE PARLANO.


📎 Diari cremonesi di Carla Fracci

Carla (nata Carolina) Fracci, una delle ballerine più brave e note che l’Italia abbia mai avuto, regina di palcoscenici mondiali, nasce a Milano il 20 agosto 1936. Figlia di un tranviere dell’ATM (Azienda Trasporti Milanesi), Luigi che la chiamava “Nervuseti” (nervosetta) o Gamba de Seller (gamba di sedano), per via delle gambe magre come lui e per il suo stesso carattere impaziente. La madre Santina lavorava come operaia alla Innocenti di Milano, città di nascita della Fracci, e che divenne il bersaglio del Bomber Command britannico durante la guerra. Carla inizia a studiare ballo classico alla Scuola di danza del Teatro alla Scala nel 1946. Carla Fracci consegue il diploma nel 1954, poi prosegue la sua formazione artistica partecipando a stage avanzati a Londra, Parigi e New York. Tra i suoi insegnanti c’è la grande coreografa russa Vera Volkova (1905-1975). Dopo solo due anni dal diploma diviene solista, poi nel 1958 è già prima ballerina.

Da ragazzina la frequentazione della campagna cremonese è stata determinante nella mia educazione fisica e morale, nella consapevolezza di una vita più giusta. In quei luoghi ho imparato il senso del lavoro, dell’onestà. Da quelle parti c’è gente a cui dovrebbero dare l’Oscar del comportamento“. Lo afferma Carla Fracci che ha trascorso parte della sua infanzia a Volongo, nel Cremonese.
La cultura è alla base di tutto, non la sapienza. E’ quella base che ha fatto sì che nel Cremonese sia nata quell’arte angelica e sovrumana che ha portato certi artisti straordinari a modellare dal nulla il violino moderno, una cosa talmente vasta che tutto il mondo ammira e invidia“.

In ogni occasione pubblica (e privata) non manca di raccontare dell’infanzia trascorsa a Volongo, nel cremonese, dove la sua famiglia venne sfollata durante la 2a guerra mondiale, tanto da aver dedicato a questo periodo della sua vita almeno un paio di capitoli della sua bella autobiografia edita da Mondadori (Passo dopo passo, la mia storia).

foto storia

“Mi divertivo a guidare le oche fino alla riva del fiume Oglio. La campagna regala benedizioni: l’erba, la terra, una luna meno diafana e più carnale”.

Ricordo fulgido di quel paesino piccolissimo, in campagna da nonna Argelide, immersa in una vita povera e umile che si porta ancora dentro, baluardo etico sotto i riflettori come dietro le quinte.

E poi al padre Luigi, sergente in Russia, che riuscì a riportare a casa quasi tutti i suoi uomini e che a guerra finita ricordava lo sguardo di chi non ce l’aveva fatta a mantenere il passo. «La forza e la grandezza di Carla — sottolinea Giuseppe Menegatti, suo marito da cinquant’anni — si devono all’eccezionale normalità di molte delle persone con cui ha vissuto e all’eccezionalità di molti suoi incontri». Tra i tanti, Erik Bruhn, «un maestro di stile, era perfetto», e Rudolf Nureyev, dal carattere impossibile. Menegatti ne ricorda una sfuriata per una scenografia di Ezio Frigerio. La Fracci rievoca la sua paura in palcoscenico, ogni volta che doveva averlo a fianco e che lo scorgeva invece a fondo palco: «Arriverà?, si chiedeva, e poi sì, arrivava sempre in tempo». «L’anno dopo la nascita di mio figlio — aggiunge — la volle a tutti i costi nel suo Schiaccianoci. Lei Non era pronta, era reduce da una stagione faticosa all’Arena di Verona, voleva rinunciare a un ruolo tecnicamente molto difficile. Ha insistito, in tre giorni le ha insegnato la parte. Fu un trionfo, mentre il pubblico applaudiva e lui le disse: visto che ci vuole coraggio?».

Pubblico plaudente, ammiratori in tutto il mondo, «ma le cose più belle le ho fatte in Italia», dice l’étoile. Ha fatto conoscere e amare il balletto nei teatri, nelle piazze, ma anche in carcere ed addirittura sul ring.

Lei, 82enne, è sempre gentilissima, affabile, curiosa (la sua amica Rita Levi Montalcini le diceva: “non bisogna andare in pensione” e lei aveva cent’anni»),

Regista di molte delle grandi opere interpretate da Carla Fracci è il marito Beppe Menegatti una vita sempre insieme e lo sarà per sempre!

Eugenio Montale le dedicò una poesia,

La danzatrice stanca.

Torna a fiorir la rosa
che pur dianzi languia…
dianzi? Vuol dire dapprima, poco fa.
e quando mai può dirsi per stagioni
che s’incastrano l’una nell’altra, amorfe?
ma si parla della rifioritura
d’una convalescente, di una guancia
meno pallente ove non sia muffito
l’aggettivo, del più vivido accendersi
dell’occhio, anzi del guardo.
è questo il solo fiore che rimane
con qualche merto d’un tuo dulcamara.
A te bastano i piedi sulla bilancia
per misurare i pochi milligrammi
che i già defunti turni stagionali
non seppero sottrarti. Poi potrai
rimettere le ali non più nubecola
celeste ma terrestre e non è detto
che il cielo se ne accorga. Basta che uno
stupisca che il tuo fiore si rincarna
si meraviglia. Non è di tutti i giorni
in questi nivei défilés di morte. 

carla fracci

Onorificenze

Dama di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Dama di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
«Di iniziativa del Presidente della Repubblica»
— 20 ottobre 2003
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— 2 giugno 1983
Medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte - nastrino per uniforme ordinaria Medaglia d’oro ai benemeriti della cultura e dell’arte
— 25 febbraio 2000

📹 Carla Fracci dona un omaggio a Cremona, Stradivari e ad Alda Merini – video clicca qui 👇


📎 Diari modenesi di Luciano Pavarotti

Nato il 12 ottobre 1935 a Modena, da papà Fernando e mamma Adele Venturi. Il padre era un fornaio nell’Arma dei Carabinieri, e si dilettava a cantare a livello amatoriale in una piccola associazione di coristi non professionisti, la «Corale Gioachino Rossini» di Modena e trasmise al figlio la passione per la musica operistica, trovando nel giovane Luciano altrettanto interesse e precoce vocazione al canto, come testimoniato dai resoconti familiari; passava intere giornate davanti al giradischi, saccheggiando il patrimonio discografico del genitore. In quella collezione si celavano tesori di tutti i tipi, con gran prevalenza per gli eroi del belcanto, che Pavarotti imparò subito a riconoscere e ad imitare.

I suoi studi però non sono stati esclusivamente musicali e anzi per lungo tempo questa era solo una passione coltivata in privato.

facciata via Saragozza -30
Facciata istituto magistrale Sigonio – Modena – anni ’40

Adolescente, Pavarotti si iscrive alle magistrali (nella stessa scuola che frequentò Francesco Guccini) con lo scopo di diventare insegnante di educazione fisica, cosa che si stava quasi per verificare, avendo egli insegnato per ben due anni alle classi elementari. Parallelamente, per fortuna, proseguiva gli studi di canto con il Maestro Arrigo Pola (di cui seguirà i principi e le regole per tutta la sua lunga carriera), e in seguito – quando tre anni più tardi Pola tenore di professione, si trasferisce per lavoro in Giappone – con il Maestro Ettore Campogalliani, con il quale perfeziona il fraseggio e la concentrazione. Questi sono, e resteranno per sempre, secondo le parole del Maestro, i suoi unici e stimatissimi maestri.

Nel 1961 Pavarotti vince il concorso internazionale “Achille Peri” che segna il suo vero esordio sulla scena canora.

Finalmente, dopo tanto studio, arriva il tanto atteso debutto, avvenuto a ventisei anni (precisamente il 29 aprile del 1961), al Teatro Municipale di Reggio Emilia con un’Opera divenuta per lui emblematica, ossia la “Bohème” di Giacomo Puccini, più volte ripresa anche in tarda età, sempre nei panni di Rodolfo. Sul podio c’è anche Francesco Molinari Pradelli.

Il 1961 è un anno fondamentale nella vita del tenore, una sorta di spartiacque fra la giovinezza e la maturità. Oltre al debutto, è l’anno della patente e del matrimonio con Adua Veroni, dopo un fidanzamento durato ben otto anni ed un matrimonio di 39 anni terminato con il divorzio e la successiva unione con Nicoletta Mantovani, la sua assistente.

Luciano si esercitava facendo vocalizzi, per circa 2 ore (divise in diverse sessioni) ogni giorno. Diceva spesso che gli esercizi che faceva erano gli stessi che gli aveva insegnato il suo primo Maestro di canto, quando ancora era solo uno studente. Luciano era un grande professionista e diceva che non bisognava mai sentirsi troppo bravi, o troppo “arrivati” per smettere di esercitarsi. Anche il tenore in carriera deve continuare a fare pratica come un cantante in erba.

Luciano, quando si allenava, veniva sempre accompagnato da un pianista; dopo i vocalizzi provava alcuni passaggi delle arie d’opera.

Vocalizzare era anche lo strumento con cui manteneva in salute la voce.

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Stupiva la sua capacità di memorizzare rapidamente e di riprodurre, in un canto divino, le melodie di cui il suo pianista gli aveva poco prima accennato il brano. Non saper leggere la musica… parrebbe un limite incomprensibile che potrebbe sembrare incoffessabile. L’arte di uno tra i più grandi interpreti che l’intera storia lirica ci abbia mai regalato, un dettaglio che aggiunge solo meriti alla sorprendente carriera di uno tra i più intonati tenori della storia!

Leone Magiera

è stato il marito della famosissima soprano Mirella Freni ed amico storico di Luciano; ne ha festeggiato una profonda amicizia ed un matrimonio artistico durato ben cinquant’anni, vere e proprie nozze d’oro, di cui ha raccontato nel libro Pavarotti visto da vicino tutti i ricordi ed il non detto sul tenore…

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“Insegnargli le opere è stato un arricchimento: io conoscevo la musica, né Pavarotti, né la Freni sapevano leggerla, non sapevano nulla di note musicali e quant’altro, ma avevano una voce… Ero io che dovevo cantare loro le opere, le ascoltavano dalla mia voce – mi sfottevano pure. Non è indispensabile conoscere la musica, il cantante d’opera deve avere un buon orecchio e poi può imparare “a pappagallo”, semplicemente ascoltando e ripetendo… Il musicista invece deve lavorare duramente sulla tecnica, studiando le finezze di ogni spartito, non perdendo mai di vista la giusta chiave, i cantanti invece basta che imparino la melodia, ascoltando diverse volte. Luciano mi dava, però, una grande soddisfazione affermando che bastava che io cantassi perché lui imparasse da me… Quello che è indispensabile è “avere orecchio”. Anche molti musicisti jazz di chiara fama come Charlie Parker non conoscevano assolutamente la musica. Pavarotti, invece, pur se non sapeva leggere la musica, aveva studiato, possedeva una cultura classica e conosceva anche il latino – era un maestro elementare –, perciò rifletteva e ragionava molto sulla musica. Per esempio l’idea di come dire “Che gelida manina” l’ha trovata lui: per dare l’impressione del gelo bisognava usare una “e” più chiara…”

« Quando Pavarotti nacque, Dio gli baciò le corde vocali »

(Daniel Hicks, The New York Times)

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ANEDDOTI – Il libro degli amici di Pavarotti: «È la storia di una grande famiglia» (l’editore Carlo Bonacini: «Ne avevo parlato con Luciano tanti anni fa a Montale»)

LE FATTUCCHIERE. Gli amici raccontano del suo rapporto con l’occulto citando una “guaritrice” di Pesaro, Rita Cutolo e una “maga” di Bomporto.
L’AMORE. A parte l’amore per le 4 figlie e per le 2 mogli nel volume non si fa gossip sulla vita privata di Pavarotti. Viene solo citato un “sodalizio spirituale” con il soprano Madelly René.
LA TINTURA. Il maestro non si tingeva barba e capelli: l’assistente anneriva dei tappi di sughero che poi gli passava sulla peluria.
TAIWAN. Durante un grande ricevimento gli amici della briscola brindano per ore con il classico “cin cin”. Alla fine della festa vip Pavarotti dice loro che in quella lingua il termine significa “pene”…
LE BARBADOS. Invitati da Big Luciano sull’isola per una vacanza, gli amici partono con cibarie e due vasi di salsa per il lesso. A Londra, durante lo scalo, un vaso si rompe e l’aeroporto è invaso dall’odore forte di aglio.
ROMANIA. Viaggio aereo complicato, con turbolenze, tanto che scesero le maschere dell’ossigeno, ma Pavarotti consumava il suo pasto: “Preferisco morire mangiando”, disse.

Onorificenze e riconoscimenti

Cavaliere di gran croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Cavaliere di gran croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— 2 giugno 1988
Grande ufficiale dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Grande ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— 5 gennaio 1980
Commendatore dell'Ordine al merito della Repubblica italiana - nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine al merito della Repubblica italiana
— 27 dicembre 1976
Ufficiale dell'Ordine della Legion d'onore (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria Ufficiale dell’Ordine della Legion d’onore (Francia)
Commendatore dell'Ordine al merito culturale (Monaco) - nastrino per uniforme ordinaria Commendatore dell’Ordine al merito culturale (Monaco)
  • “Premio Ville de Paris” (il presidente Jacques Chirac)
  • “People Choise Award Kammersanger” (il Ministro della Cultura austriaco)
  • “Messaggero di Pace delle Nazioni Unite” (il Segretario Generale Kofi Annan, 1998)
Nansen Refugee Award - nastrino per uniforme ordinaria Nansen Refugee Award
— (su proposta dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, 2001)
  • “World Social Award” (il presidente Michail Gorbaciov, 2001)
Kennedy Center Honors - nastrino per uniforme ordinaria Kennedy Center Honors
— 2 dicembre 2001
Eisenhower Medallion - nastrino per uniforme ordinaria Eisenhower Medallion
— 2004
  • “Premio Eccellenza per la Cultura” (su proposta del Ministro della Cultura, on. Rutelli, 2007)
  • “Premio America” alla memoria (Fondazione Italia USA, 2013)
Primetime Emmy Awards - nastrino per uniforme ordinaria Primetime Emmy Awards
— 1983 (per La bohème) – 1985 (per l’episodio del duca di Mantova del Rigolettonella serie Great Performances)

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