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🔎 Il mistero (non tanto) della via scomparsa…
Perchè proprio un articolo dedicato a questo leader politico?
la risposta è presto detta: la storia, prima che diventi troppo remota e quindi difficilmente ricorstruibile, può (e talvolta deve) essere riletta, in chiave corretta, ma pur sempre riletta!
La rilettura della storia ha un suo valore etico nel momento in cui per rivedere i fatti si decide si cambiare angolo di visuale ed anche prospettiva.
Le affermazioni del passato, sempre più spesso, se vengono rilette attraverso gli accadimenti del presente sono preoccupantemente predittive e per nulla errate o inappropriate come potevano apparire nel momento in cui vennero pronunciate…
Le origini
Naque a SALSOMAGGIORE TERME (PARMA) il 27 Giugno del lontano 1914… apparteneva ad una famiglia molisana di origine aristocratica: i duchi di Cerza Piccola.
Molti suoi parenti erano attori.
Il padre, Mario Almirante, attore e direttore di scena nella compagnia di Eleonora Duse e in quella di Ruggero Ruggeri, e in seguito regista del cinema muto, sposò Rita Armaroli, la madre di Giorgio.
Il nonno Nunzio Almirante era anch’egli attore
Gli zii Ernesto, Giacomo e Luigi erano anch’essi attori.
Legami di parentela c’erano anche con Italia Almirante Manzini, attrice del cinema muto.
A causa del lavoro paterno, Giorgio Almirante visse i primi 10 anni di vita in giro per l’Italia, poi fini a Roma.
Giorgio Almirante stesso lavorò come direttore del doppiaggio di diversi film, tra cui Luci della ribalta. Inoltre lavorò al giornale di Interlandi si occupò di critica cinematografica.
Frammenti di storie...
L’11Giugno del 1984 Berlinguer muore, entrò in coma appena finito un comizio. Tutto il paese si interessa alle sorti di un grande uomo, a prescindere dai colori politici.
La sua morte diventa spettacolo e partecipazione.
Davanti alle Botteghe Oscure, il mitico palazzo dei comunisti italiani, si terrà per giorni una fila lunghissima e ininterrotta di donne e uomini che vogliono salutarlo.
Dentro il palazzo a ricevere gli ospiti illustri ci sono i più prestigiosi dirigenti del Pci, da Pajetta e Napolitano, a Natta, Bufalini, Macaluso, Occhetto, D’Alema e altri ancora.
Inaspettatamente piomba nel palazzo una notizia inquietante: Almirante sta arrivando per porgere l’estremo saluto al capo dei comunisti italiani.
C’è un attimo di smarrimento. Poi Pajetta prende in mano la situazione: “Sono il più vecchio, tocca a me riceverlo”. Rassicura i suoi compagni: “Vedrete che andrà tutto bene”. Quando arriva, e il vecchio capo fascista scende dall’auto ( senza scorta) c’è un leggerissimo mormorio. Ma nessuna sorpresa né alcuna protesta.
Grande rispetto di un grande uomo che, nonostante le diverse posizioni, stimava e rispettava un altro grande uomo.
Quando lui morì, per il PCI, andarono da lui Nilde Iotti e Gian Carlo Pajetta.
ESEMPLARE!
Le leggi razziali
Erano anni cupi condizionati da un prevalente senso di disciplina. Lui, fascista, era segretario di redazione al giornale “La difesa della razza”.
Poteva mai sottrarsi? No (dice da sempre la sua vedova).
Non è mai stato antisemita.
In casa sua, ai Parioli, aveva una targa: di un’ebrea, Daniela Coen Bottai, che volle testimoniargli il suo affetto.
Non solo. Aiutò lui famiglia di Emanuele Levi. Ricambiato dopo il 1945, quando per i ragazzi di Salò la vita quotidiana era pesante…
Dentro l’etichetta ‘fascisti’ c’era di tutto. Congressi urlati, aree grigie, bande nerissime.
La sua condanna del terrorismo è sempre stata netta.
La legalità doveva vincere.
Diceva: “Se un missino commette un reato, pena doppia!”
Da segretario ha sempre lavorato per comandare ed evitare divisioni. Mai stato facile…
La moglie
Marchesa Raffaela Stramandinoli de’ Medici, detta Donna Assunta Almirante nata a Catanzaro nel 1925, e chiamata da sempre Assuntina sposò il marchese Federico de’ Medici, 21 anni più vecchio di lei, con il quale ebbe tre figli, Marco, Marianna e Leopoldo.
Nel 1952 conobbe a Roma l’allora deputato del MSI Giorgio Almirante e si separò dal marito.
Dai due nacque nel 1958 Giuliana, che porta il cognome de’ Medici perché il marchese la riconobbe per evitare che venisse considerata una figlia illegittima.
Dopo la morte del marchese, Assunta sposò nel 1969 Giorgio Almirante in chiesa, con matrimonio tramite rito di coscienza, perché il divorzio non era ancora stato introdotto e anche lui era legato da un precedente matrimonio civile, con Gabriella Magnatti, da cui aveva divorziato in Brasile e dal quale era nata una figlia nel 1949, Rita Almirante.
L’irregolare condizione familiare di Almirante venne fatta oggetto di dibattito pubblico nel 1974, in occasione del referendum sul divorzio, quando il MSI prese netta posizione per l’abrogazione di tale istituto giuridico.
Oratore insuperabile
…non c’era incontro, comizio, direzione di partito in cui Giorgio Almirante non riscaldasse la platea con il suo crescendo di sfide ispirate alla volontà di riscatto e di cambiamento.
Con quel suo inimitabile stile che bucava il video nelle apparizioni televisive elettorali.
Storico il comizio di Napoli in una piazza Plebiscito gremita fino all’inverosimile, evento indimenticabile come i comizi romani a Piazza del Popolo tra tricolori al vento e le note dell’Inno a Roma.
Non dirò “io ho quel che ho donato”
parafrasando Gabriele D’Annunzio
ma “io ho quello che mi è stato donato”
Il Movimento sociale è stato l’orgoglio della mia vita, voi giovani e anziani, soprattutto giovani, siete la mia vita, il mio futuro, il mio passato. Lo dico con riconoscenza umana perché insieme rappresentiamo la volontà di milioni di italiani!
Un suo indimenticabile comizio 📣

Almirante e gli aforismi
Quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico, devi gioire, perché questo è il segno della vittoria.
Se volete un motto che vi ispiri e vi rafforzi, ricordate: Vivi come se tu dovessi morire subito. Pensa come se tu non dovessi morire mai.
Almirante MAI razzista
Ecco chi firmò quel manifesto (e ha strade intitolate)
La questione è quella della via di Roma da intitolare ad Almirante, rilanciata da Giorgia Meloni, che ha dato la un assist ai soliti antifascisti in servizio permanente effettivo ed ha scatenato il solito, trito dibattito fascismo-antifascismo.
In realtà è una polemica che non esiste, perché in tutta Italia ci sono già decine di vie, larghi, parchi, passeggiate, giardini, dedicati a Giorgio Almirante, il quale anche dal punto di vista toponomastico è stato “sdoganato” da tempo, ammesso che ne avesse bisogno.
Ma la questione riguarda la fantomatica firma che Giorgio Almirante avrebbe apposto, insieme ad altri trecento intellettuali e giornalisti, a un manifesto che sosteneva il famigerato Manifesto per la difesa della Razza con cui poi si sarebbero varate in Italia le cosiddette leggi razziali, certamente il più grande errore e orrore del fascismo (!).
Siamo abituati: ciclicamente, a calunniose asserzioni per delegittimarlo e delegittimare il Movimento Sociale Italiano, del quale fu lungamente segretario.
Si parla di una inesistente firma che Almirante ha smentita più volte ed anche quella, altrettanto fantasiosa, della sua firma in calce a un manifesto della Rsi con il quale si minacciava la fucilazione per disertori e renitenti alla leva.
Almirante fu costretto a querelare chi propagava tali menzogne, e un annoso processo stabilì che ovviamente Almirante non c’entrava nulla. Si trattava di un manifesto affisso in un paesino del Grossetano, e solo in quello, in cui Almirante, che a Salò faceva il giornalista e non il militare, minacciava fucilazioni.
Era talmente grossolana la creazione mediatica che Almirante ci scrisse pure un libro, Autobiografia di un fucilatore.